Inclusione, giustizia, equità, democrazia: a che punto siamo?

Il 20 febbraio di ogni anno si celebra la Giornata mondiale della giustizia sociale.
Proclamata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel novembre del 2007, la giornata evidenzia gli impegni presi dalle Nazioni Unite e dalla comunità tutta per la promozione di sistemi economici inclusivi, improntati alla giustizia e all’equità e rispettosi dei valori democratici di partecipazione, trasparenza e responsabilità. Chiediamo a don Matteo Zorzanello, direttore della Pastorale Sociale e del Lavoro, aderente a Vicenza Valore Comunità, qualche impressione su questa giornata e sulle tante tematiche che essa solleva.

don Matteo

don Matteo Zorzanello

Don Matteo, come siamo messi a livello di sistemi economici inclusivi, promozione dello sviluppo e della dignità umana, dialogo sociale e rispetto dei principi e dei diritti fondamentali del lavoro nel nostro territorio?

Non ho dati esatti, ma esprimo alcune considerazioni che nascono dall’osservazione della realtà e da un dialogo continuo con le persone coinvolte nel mondo del lavoro vicentino.
Nel nostro territorio ci sono esperienze positive: molte sono le aziende a conduzione familiare, una struttura che tende a considerare particolarmente importanti le relazioni con le persone, i dipendenti e l’ambiente. Questa è una modalità di attenzione alla giustizia sociale, ma con un rischio: “el paron” (il capo, ndr), se illuminato e leader, è un buon traino e un buon esempio per l’azienda, se è solo “capo” che impartisce ordini e dirige, rischia di non far esprimere la democraticità. Ulteriori esperienze significative che si stanno diffondendo sono le B-Corp, aziende certificate che rispondono ai più alti standard di performance sociali e ambientali, trasparenza e accountability. Ma non mancano le difficoltà: abbiamo sotto gli occhi esempi di fondi italiani e/o stranieri che, una volta entrati nelle realtà produttive mettono, come prioritario, solo il profitto per gli azionisti. Le conseguenze? I fallimenti, le crisi, i licenziamenti a macchia d’olio.

lavoro

La dichiarazione sulla giustizia sociale parla della necessità di una forte dimensione collettiva della globalizzazione per ottenere risultati migliori ed equi per tutti. È nella rete (leggi relazioni) che si trova, quindi, la soluzione?

Potrebbe essere una buona interpretazione. Dimensione sociale significa che anche nella realtà economica, nella realtà lavorativa non deve essere esclusa la dimensione sociale. Il lavoro di qualsiasi persona, dopotutto, crea, coinvolge, cambia la realtà sociale e viceversa. Non esistono dimensioni indipendenti, ma interdipendenti. Se si ragiona con la sola logica del profitto o del corporativismo non si va da nessuna parte. La dimensione sociale ricorda di allargare lo sguardo.

Possiamo dire, allora, che ViVaCom è sulla giusta strada e sta facendo la sua parte?

Siamo ancora ai primi passi, ma l’idea che c’è sotto alla nascita di ViVaCom e gli obiettivi che si prefigge vanno nella direzione corretta. Si tratta, ora, di intraprendere un cammino e di valutare i passi possibili e condivisi per andare avanti.

Lo sviluppo sociale e la giustizia sociale sono indispensabili per raggiungere cosa?

Per trovare pienezza di vita, secondo lo sguardo cristiano. E quando la si trova? Quando ami e sei amato, quando condividi, quando l’umano e il divino si mescolano. Per un non cristiano è costruire la comunità umana, dove si vive assieme come organismo, come elemento d’insieme. In questi modi si può raggiungere una maggior giustizia sociale. E la giustizia sociale la si ha con un sistema che consente alla comunità di vivere ed esprimersi nel migliore dei modi.

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